Uno degli stilisti più celebri al mondo, vulcano di estro e originalità, certo. Ma Karl Lagerfeld non è stato “solo” questo. Appartiene a quel piccolo gruppo di menti geniali che hanno rivoluzionato il mondo della moda con l’audacia, l’intuizione, la capacità di rompere gli schemi e costruirne di nuovi. Direttore creativo di Fendi e direttore artistico di Chanel per molti anni e contemporaneamente, ma anche spirito libero: nell’arco della sua lunga carriera è passato abilmente dalla couture al pret-a-porter e viceversa, collaborando con numerosi altri marchi – da Chloé a Krizia, da Ballantyne a Hogan – e creando anche una sua label. Un freelance inossidabile, possiamo metterla pure così. Impossibile vincolarlo, impossibile avere l’esclusiva. Kaiser Karl era un fiume sempre in piena, voleva restare tale, e qualsiasi argine appariva semplicemente impensabile. È stato anche un raffinato fotografo, un editore, ha aperto una libreria a Parigi, scritto alcuni libri, si è cimentato come videomaker, designer e progettista in svariati settori. Riassumere la sua incredibile storia è impresa ardua, però qua vogliamo puntare i riflettori sul Lagerfeld che in pochi conoscono. Episodi, passioni, aneddoti che aiutano a tracciare meglio la figura di un personaggio che resterà sempre unico.
Tutto è cominciato con un concorso
Karl Lagerfeld nacque ad Amburgo, l’anno è rimasto un mistero: nel 1935, come sosteneva lui, oppure nel ’33, come si apprende da diverse fonti? O nel ’38, come affermano altri? Chi lo sa. Di certo, invece, nel 1953 si trasferì a Parigi con la madre Elisabeth, violinista, e finì gli studi al Lycée Montaigne. Un paio di anni dopo partecipò a un concorso di moda organizzato dall’International Wool Secretariat: grazie al suo lavoro, il bozzetto di un soprabito, si aggiudicò il primo premio, ex aequo con Yves Saint Laurent. Quello stesso cappotto fu poi realizzato da Pierre Balmain, che inoltre lo arruolò come assistente. Così ebbe inizio la sua carriera di stilista. Ah, era un autodidatta.
Gli outfit che odiava
In fatto di moda, gli orizzonti di Karl Lagerfeld erano a dir poco ampi. Ma anche lui aveva una sorta di lista nera. Tanto per cominciare, pur apprezzando il rosa, detestava qualsiasi indumento di questo colore: “Pensate rosa, ma non indossatelo” è la sua frase che riassume perfettamente la questione. In secondo luogo, bocciava senza pietà chiunque scegliesse la tuta per un outfit non strettamente legato all’attività fisica: “I pantaloni della tuta sono un segno di sconfitta. Avete perso il controllo della vostra vita se uscite con la tuta”. E dire che adesso sono uno dei must dello stile comfy!
Si mise a dieta anche perché…
Nel 2000 Karl Lagerfeld decise di cambiare completamente il suo aspetto. In soli 13 mesi perse all’incirca 43 chili, seguendo una dieta low-carb messa a punto dal medico francese Jean Claude Houdret. Con quest'ultimo scrisse poi il libro The Karl Lagerfeld Diet, che manco a dirlo andò a ruba. Da un lato tutto il mondo rimase a bocca aperta, dall’altro non mancarono le critiche e, in effetti, tutti quei chili in poco più di un anno sono troppi. Lui, però, andava fiero di questo traguardo. Non si sentiva più bene nel suo corpo. C’è un altro motivo che lo spinse ad affrontare e rispettare un regime alimentare così severo: voleva a tutti i costi indossare gli abiti di Dior Homme, in particolare le giacche slim di Hedi Slimane. Con la sua silhouette nuova di zecca, realizzò il desiderio. E non abbandonò più gli outfit piuttosto aderenti.
Mai senza Diet Coke
La dieta sì, il mantenimento ok, i sacrifici ci stanno. Però c’è una cosa a cui Lagerfeld non ha mai rinunciato: la Diet Coke. Arrivava ad aprirne anche dieci lattine al giorno: “La bevo – ammise – dal momento in cui mi alzo fino a quando vado a letto. Mi capita anche a notte fonda e riesco comunque a dormire”. Meglio non prendere esempio, in questo caso…
I segreti dietro il suo look
Il colletto alto e inamidato, i guanti tagliati all’altezza delle dita, gli occhiali da sole - con lenti sempre più scure - indossati anche di sera: sono questi, lo sanno tutti, gli elementi principali del look che identificava Karl Lagerfeld, che ha contribuito a renderlo un personaggio e un’icona. Scelte basate sui suoi gusti personali ma anche su un obiettivo preciso, ovvero nascondere le rughe e più in generale i segni del tempo. Le ultime foto pubbliche in cui si vedono completamente le sue mani risalgono al 2005, pensa un po’. E per vederlo senza sunglasses dobbiamo andare ancora più indietro, fino agli anni Novanta. Insomma, anche il Kaiser della moda aveva le sue insicurezze!
Le illustrazioni per quella celebre fiaba
La cosa più importante, per Lagerfeld, era disegnare: “Disegno – disse - come respiro. Non chiedi di respirare, accade e basta. E se non riuscissi a respirare, sarei nei guai”. Con le sue matite e i suoi carboncini mise alla prova il suo stesso talento andando anche oltre l’universo fashion, ma sempre mosso dall’amore per l’arte. Ed ecco una chicca: all’inizio degli anni Novanta realizzò ben sessanta illustrazioni per un’inedita edizione de I vestiti nuovi dell’Imperatore, fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen conosciuta in tutto il mondo. Si tratta di disegni molto intensi, marcati, in uno stile quasi espressionista.
Le sue modelle preferite
Kaiser Karl ha lavorato con centinaia di modelle, ovvio. Ma alcune sono entrate nella sua vita e nel suo cuore. La prima musa è stata indubbiamente Inès de la Fressange, che nel 1980 firmò un contratto in esclusiva con Chanel; fra le altre, Claudia Schiffer (“lui era la mia polvere magica”, ha dichiarato quando è morto nel febbraio 2019), Linda Evangelista, Carla Bruni, Kate Moss. Una delle ultime predilette, in ordine di tempo? Cara Delevingne. Lo stilista disse di lei che era “una bellezza non straordinaria”, ma la sceglieva praticamente sempre per aprire e chiudere le sfilate: percorrevano la passerella a braccetto, il loro legame si toccava quasi con mano.
Contro il movimento #MeToo
Nel 2018 hanno fatto parecchio scalpore le parole pronunciate dallo stilista nel corso di un’intervista, a proposito del movimento #MeToo: “Le modelle dovrebbero sapere a cosa stanno andando incontro”. Poi ha aggiunto, prendendo le difese dell’ex direttore creativo del magazine Interview Karl Templer, accusato di sfilare gli slip delle modelle senza il loro consenso, durante gli shooting: “Se non vuoi che qualcuno ti tiri giù le mutandine, non fare la modella. Entra in un convento, lì ci sarà sempre un posto per te”. Frasi molto, molto discutibili.
... E la gatta Choupette?
Il più grande amore di Lagerfeld è stata lei, la gatta Choupette, un magnifico esemplare di Sacro di Birmania con gli occhi zaffiro e il pelo candido. Per la regale micia aveva assunto una governante, uno chef, una bodyguard e un medico, nonché un addetto stampa che ne curava l’immagine. A lei ha dedicato un’intera collezione. Ma che fine ha fatto? Sta bene, anzi benissimo. Ha ricevuto una sostanziosa parte della sua eredità, o meglio: un’ingente cifra di denaro è stata assegnata alla tata che se ne prende cura. Choupette vive con la donna a Parigi e no, non le manca proprio nulla. A parte il suo padrone, of course.