Le donne, si sa, sono il fulcro della moda. Tutte la amiamo certo, ma alcune predestinate dal fascino fuori dal comune la hanno ispirata, mentre altre ne sono diventate icone ed interpreti senza tempo. Altre ancora la hanno creata e plasmata con il proprio genio e le proprie mani, tracciandone la strada. E più andiamo indietro nelle pagine dei libri di storia della moda, più ci accorgiamo che non parliamo solamente di couturier e designer straordinarie, ma anche di donne coraggiose che hanno saputo realizzare quelli che in certi momenti storici apparivano come sogni impossibili per il gentil sesso. Parliamo dunque di imprenditrici visionarie e talentuose, di donne che hanno saputo rischiare il tutto per tutto pur di arrivare ad affiancare i tanti nomi eccellenti maschili del settore e poter creare ciò per cui sentivano (a ragione!) di essere nate. Si tratta delle stiliste famose immortali che, insieme alle loro creazioni, hanno fatto e rivoluzionato la storia del fashion e il concetto di stile.
Per omaggiare queste donne incredibili, abbiamo pensato di portarti alla scoperta dei loro nomi e dell’heritage fashion che ci hanno lasciato (e ci continuano a lasciare!), attraverso 10 ritratti di icone dell’industria della moda. Quante delle storie di queste grandi stiliste conosci davvero?
1. Jeanne Lanvin
Tutto ha inizio nel 1889 in una piccola bottega di cappelli, situata nel cuore pulsante di Parigi. Ad aprirla è una giovanissima modista di appena 22 anni, Jeanne Lanvin, determinata a sedurre la capitale francese prima e il mondo poi con le sue creazioni.
In soli quattro anni è già la consacrazione: Jeanne dà vita alla sua Maison di moda, che tutt’oggi conosciamo semplicemente come Lanvin.
Pioniera del mini me mamma-bimba, stilista talentuosa e imprenditrice visionaria, Jeanne Lanvin fa crescere sempre più la sua maison sartoriale fino ad esportare - nei primi decenni del ‘900 - il suo stile in tutto il mondo con la sua proverbiale determinazione e riservatezza rispetto alla vita mondana. E costituisce tutt’oggi uno degli esempi più virtuosi nella moda e nell’imprenditoria femminile per tutte noi.
2. Coco Chanel
Coco Chanel, all'anagrafe Gabrielle Chanel, è senza dubbio una delle figure femminili di rottura più importanti del ‘900. Nella moda e non.
La sua infanzia non è fortunata: la morte della madre e l’abbandono da parte del padre ne fanno un’orfana affidata alle cure delle Suore del Sacro Cuore di Aubazine. Ed è qui, in questi anni che la vedono immersa nell’antitesi tra bianco e nero e nell’austerità di abiti femminili rigorosi, che Gabrielle inizia a divenire colei che un giorno il mondo intero chiamerà Coco.
Ma è nella Parigi dei primi del ‘900 che si consacra davvero l’ascesa della donna che cambierà la moda. L’utilizzo del jersey e il primo trittico carigan-pullover-gonna, il tweed, Chanel N. 5 (ovvero il profumo più famoso di sempre, capace anni dopo di legare il suo immaginario a doppio filo a un’icona come Marylin Monroe) e la nascita della Chanel 2.55, aka la borsa più amata (e copiata!) al mondo.
E ancora: il petit robe noir (per noi semplicemente tubino nero), le slingback bicolor, la collana da cocktail, il tailleur in maglia. Sono talmente tante le intuizioni visionarie capaci di cambiare la storia (della moda e della donna) lasciate da Mademoiselle Coco Chanel che occorrerebbe un libro per poterle citare tutte.
In compenso due parole per riassumere la sua preziosa eredità le abbiamo trovate, anche se probabilmente non ti suoneranno particolarmente originali: stile ed eleganza, due concetti completamente stravolti da Coco. Perché va detto: esiste una moda avanti Chanel e una moda dopo Chanel. Ma d’altro canto, come amava ricordare Gabrielle: “La moda passa, lo stile resta”. E Coco è eterna.
3. Elsa Schiaparelli
Non possiamo parlare di Coco senza raccontare anche della sua antagonista. Ci riferiamo ovviamente a Elsa Schiaparelli, ovvero l’iconica stilista amante dell’arte e della letteratura che ha inventato il rosa.
La sua rivalità con Gabrielle Chanel negli anni ’30 anima le prime fasi del fashion system e dà vita a indimenticabili duelli di stile, combattuti a colpi di abiti e collezioni. Se a Coco si attribuisce un’eleganza minimale fatta di bianco, nero e tessuti d’avanguardia, di Elsa è il mondo eccentrico popolato di abiti estrosi e concettuali vicini al mondo dell’arte e offerti a star del cinema e dello spettacolo. Fil rouge tra le due è - ça va sans dire – la classe innata.
Nata a Roma e vissuta tra la Svizzera, gli Stati Uniti e la Francia, Elsa ha antenati illustri, una vita agiata e un’istruzione eccellente.
È nella Grande Mela che la Schiap (come è destinata a divenire nota in Francia) si avvicina alla moda, ma è in Europa – per la precisione a Parigi – che rinasce come vera e propria stella.
La sua maison diviene infatti molto celebre in uno schioccare di dita ed è frequentata dagli artisti più popolari dell’epoca, da Giacometti a Dalì.
Proprio la vicinanza di Elsa all’avanguardia dadaista e cubista la portano a creare abiti prossimi all’arte, come il celebre abito aragosta sviluppato nientepopodimeno che con l’amico Salvador Dalì.
La sua eredità più importante? Il rosa shocking ovviamente, ovvero una shade intensa di magenta la cui intuizione risale al 1936 e che ha ispirato tantissimi abiti divenuti celebrità del cinema, come il sirena dress di Marylin nella pellicola “Gli uomini preferiscono le bionde”. E se non è dato sapere se davvero gli uomini abbiano un debole per le chiome dorate, non c’è amante della moda che tutt’oggi non veneri l’eleganza non convenzionale della Maison Schiaparelli.
4. Mary Quant
Lasciamo gli eleganti salotti parigini e spostiamoci per un attimo sulle strade di Londra, e più precisamente a Chelsea. È qui che nel 1955 - al primo piano di un’abitazione sulla King’s Road – una Barbara Mary Quant poco più che ventenne apre Bazaar, piccola boutique d’avanguardia destinata a divenire un pezzo di storia.
Bazaar in effetti non è solo una boutique che propone pezzi unici a prezzi accessibili, ma uno store concettualmente nuovo di zecca: è contemporaneamente un punto di ritrovo, un’officina per talenti emergenti e un locale dove sorseggiare drink e ascoltare buona musica. E se in tutta Europa sono i couturier a dettar legge con un’eleganza minimale, affettata e abiti bon ton, Mary nel suo angolo londinese propone un modello di donna diverso, più nuovo ed emancipato.
Gli orli iniziano ad accorciarsi rapidamente e proporzionalmente al livello crescente di autodeterminazione dell’universo femminile, culminando in una vera bomba che – nel 1963 - cambia per sempre la storia della moda e libera milioni di ragazze dai preconcetti figli del più austero patriarcato (e le gambe!): la minigonna.
Pare che ad ispirare Mary Quant in quella che è la sua più celebre creatura non siano state solo le ragazze londinesi, ma anche la quattroruote Mini Minor lanciata poco tempo prima con l’intento di svecchiare l’immagine dell’automobile.
Sia quel che sia, nel pieno della Swinging London, la mini skirt di Mary diviene una vera rivoluzione a colpi di centimetri, che porta non solo a urlare al mondo che il ruolo della donna nel mondo sta cambiando, ma anche a ridefinire il concetto di immagine femminile con l’avvento di modelle come Twiggy. Se non è storia della moda questa!
5. Vivienne Westwood
Restiamo nella patria di Queen Elizabeth II, in Inghilterra, dove nel 1941 nasce la ribelle della moda dai rossi capelli che oggi è, guarda caso, proprio Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico della Regina.
Non potremmo che parlare di Vivienne Westwood, ovvero colei che ha portato il punk nel fashion. O il fashion nel punk, fate voi.
Siamo nel 1971 e la camaleontica Vivienne apre, proprio come Mary Quant, al 430 di King’s Road il suo negozio Let it Rock - insieme al compagno Malcom McLaren, che diverrà poi il manager dei Sex Pistols – nel quale inizia a disegnare e propone pullover in mohair e scarpe brothel creeper ai Teddy Boy, contrapponendosi al dominante stile hippie.
Nel 1975 la denominazione dello store cambia in Sex, per un anno appena, dove Vivienne propone abbigliamento molto spinto e fetish. Ma è nel ’76 che nasce Seditionaries – Clothes for Heroes ed è qui che, legata alla figura dei Sex Pistols, la Westwood diviene nostra signora del punk e ne detta le regole all’interno della moda. È già storia.
Il negozio di King’s Road cambierà pelle ancora molte volte ma di fatto Vivienne consoliderà il suo legame con la musica negli anni Ottanta, interpretando anche la scena New Romantic con band come i Duran Duran e consolidando la sua personalità nel mondo del fashion.
La sua citazione più famosa? L’esatto opposto della filosofia di Chanel: “When in doubt, overdress!”.
6. Jil Sander
Ci spostiamo in Germania. E per incontrare chi se non la regina del basic Jil Sander?
Classe 1943, fonda la sua casa di moda nel 1973 e si contraddistingue immediatamente per una cifra stilistica pulita ed essenziale, costruita su qualità della materia prima e fitting che abbraccino e “seguano” il corpo femminile invece di “rivestirlo” di decorazioni inutili.
Jil è amante del Made in Italy e dei colori neutri e costruirà un nuovo concetto di eleganza androgina che possiamo assolutamente definire senza tempo. Ma soprattutto è seriamente motivata dalla moda poco pratica di quegli anni ad intraprendere questa strada precisa, costruita su un DNA al quale resterà sempre fedele: eleganza e comodità, prive di tutto il superfluo.
Una filosofia, la sua, che ancora oggi resta ben riconoscibile nonostante il marchio sia stato acquisito dal gruppo Prada alla fine degli anni ‘90. Talmente riconoscibile e autentica da aver spinto un colosso come Uniqlo a richiederle una collaborazione per una capsule collection denominata J+ e andata sold out nel giro di pochissimo tempo. Più timeless di così…
7. Diane Von Furstenberg
Diane Von Furstenberg nasce in Belgio nel 1946. Stilista e imprenditrice con cittadinanza statunitense, lancia la sua linea nel 1972.
Nel giro di appena due anni ha un’intuizione che la rende immediatamente una celebrità e crea quello che di fatto sarà un’autentica rivoluzione nei guardaroba femminili: Il wrap dress, ovvero l’abito a vestaglia.
L’intento della designer è quello di raccontare un nuovo concetto di donna attraverso la realizzazione di un vestito che rappresenti “il simbolo sartoriale della liberazione sessuale delle donne”, come affermato dalla stessa Diane. Niente zip né bottoni, solo morbido jersey di seta, in mille e una stampa, pronto ad avvolgere le donne in tanta comodità e altrettanta raffinatezza. Decisamente un giro di vite che ha segnato e continua a segnare la moda in molte forme. Brava Diane!
8. Miuccia Prada
Siamo nel 1948, a Milano, e nasce Maria Bianchi.
Questo nome ai più non dirà poi molto forse, ma se facciamo un salto temporale negli anni ’70 quando Maria varca la soglia dell’azienda di famiglia e diventa Miuccia Prada sarà di certo tutto più chiaro.
Nel 1978 infatti, colei che sta per divenire nota al mondo come Miuccia, assume la leadership della società fondata dal nonno Mario Prada e, in breve tempo, la trasforma da semplice bottega nel cuore della città meneghina in una modernissima casa di moda. E, in poco di più, in una vera filosofia del fashion capace di rivoluzionare il modo di intendere il “vestire” a livello mondiale.
“Se sono riuscita in qualcosa, è stato rendere il brutto attraente”. Questa l’autoanalisi di alcuni anni fa da parte di Miuccia Prada stessa rispetto al suo lavoro, in una celebre intervista rilasciata al New York Times. E in effetti la cultura dell’ugly chic – ovvero l’estetica del brutto – coltivata dalla maison milanese ha costituito una parte fondamentale che ha inciso sulla moda moderna come poco altro.
Storica la prima collezione di Miuccia targata 1988, intrisa di tutto ciò che è più amato (e indossato!) dalla stessa stilista, influenzata da un guardaroba decennale fatto di pezzi vintage e di uniform militari e stile cameriera. Ma la capiscono in pochi.
È negli anni ’90 che arriva la consacrazione, grazie alla riscoperta del nylon e della collezione Miu Miu. Ma soprattutto grazie all’espressione di una moda femminista, che libera le donne dalle catene dell’ipersessualizzazione e le rimette al centro di ciò che piace a loro, non agli uomini. “Prada è un distillato di personalità”, scriverà qualcuno. Non potrebbe esserci espressione migliore per definire la maison anche oggi, perché Prada è un distillato della personalità di Miuccia.
9. Stella McCartney
Se fai McCartney di cognome e sei figlia di nientepopodimeno che di una leggenda vivente della musica come Paul, storica voce dei Beatles, le possibilità di fare la storia come papà (in qualunque settore) saranno davvero pochissime.
E invece pare proprio che in famiglia serpeggi il gene della genialità perché Stella ci è riuscita eccome, passando dall’essere bambina prodigio ad autentica star. Della moda ovviamente.
Classe 1971, si laurea nel 1995 e ha un’ascesa lampo che la porta ad essere direttrice del marchio Chloé a Parigi prima e a collaborare con grandi nomi del settore come Gucci e Adidas poi.
Ma la vera svolta c’è quando Stella McCartney riesce finalmente a dare vita a una collezione che porti il suo nome. Il marchio cresce a tempo di record - esattamente come si confà a un’ex enfant prodige - e Stella ha modo di sviluppare il suo vero progetto, che è da sempre anche una lodevolissima battaglia: una moda più etica ed ecosostenibile.
Eccolo dunque il vero giro di vite di Stella McCartney: non sono solo le linee moda estremamente coerenti e sempre azzeccatissime, ma tutto lo studio e lo sviluppo impiegato per un nuovo concetto più consapevole di un fashion rispettoso del nostro Pianeta.
Plateau biodegradabili e messa a punto di pelli vegetali, tratte dai funghi o dal cactus, sono solo alcuni dei fiori all’occhiello di questa stilista contemporanea che è riuscita ad imporre una visione e un nuovo concetto di moda. Cosa apparentemente impossibile fino a poco tempo fa.
10. Phoebe Philo
Britannica, classe 1973, Phoebe Philo fa parte di tutta una nuova generazione di designers che continua a scrivere la storia della moda.
Il vero successo per Phoebe arriva nel 2008, quando approda nella maison più borghese di tutta la Francia: Céline. All’arrivo di Phoebe la casa di moda sembra aver perso il suo smalto, quell’allure che l’aveva sempre contraddistinta, a causa di una serie di gestioni a dir poco fallimentari.
Nessuno si aspetta quello che sta per succedere, eppure succede: la nuova direttrice creativa porta una nuova filosofia minimal chic e si impone come nuova forza trainante del fashion pulito e senza eccessi. È un trionfo di critica e pubblico e il marchio, sotto la sua lunga direzione, non solo rinasce, ma prospera e torna a brillare.
Sarà così per 10 lunghi anni, fino al 2018, anno in cui Phoebe lascia la conduzione del brand tra lo sconcerto dei seguaci della sua filosofia che, stracciandosi le vesti, danno vita a Old Céline, a testimoniare che la maison senza di lei ha subito una muta di pelle e di identità senza precedenti. È un’altra cosa insomma, perché Céline ormai era Phoebe Philo.
Oggi sembra che la stilista sia in procinto di tornare con un progetto personale, ma intanto la sua eredità è già impressa nello stile contemporaneo perché nessuno come lei ha influenzato il nostro modo di vestire qui e ora. Insomma, non solo designer ma icona contemporanea di un’eleganza moderna tutta nuova che sa smuovere le masse, ecco chi è Phoebe Philo. Ed ecco la sua vera rivoluzione.
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