“Made in dignity”.
Ecco la prima etichetta che dovrebbe starci veramente a cuore quando pensiamo di acquistare un capo, perché anche vestire può diventare un piccolo gesto etico individuale. Ci avevi mai pensato?
Ebbene sì, negli ultimi anni – dominati dal caos generale di un Pianeta che urla sempre più forte la sua richiesta d’aiuto - anche l’industria della moda ha dovuto “fermarsi a pensare” per un attento esame di coscienza.
Ed è così che, da diverse stagioni, designers e brands - più o meno noti - hanno iniziato a costruire un nuovo modo di fare fashion, dando vita a un particolare segmento in continua espansione che oggi conosciamo come moda etica e che sta diventando sempre più rapidamente il futuro del settore, portando alto lo stendardo di una bellissima sfida sulla quale però c’è ancora tanto (troppo) da fare e da dire.
L’industria della moda ha iniziato dunque a fare i conti con l’impatto che la sua produzione ha su persone, animali e ambiente e ha cominciato un cammino fatto di impegno e attenzione. Non tutta ovviamente, ma da qualche parte bisogna pur cominciare, no?
Ed è esattamente quello che dovremmo fare anche noi, nel nostro piccolo e nel nostro guardaroba, iniziando a cercare e a riconoscere i progetti che mettono davanti a tutto la dignità umana e la sostenibilità ambientale. Come? Ecco una mini guida all’ethical fashion, per fare chiarezza e orientarsi in un mondo tutto da scoprire (e sostenere!).
Cos’è la moda etica
Quando si parla di etica nel settore moda si è portati immediatamente a pensare unicamente al tema ecologico. L’industria del fashion è infatti tra le più tristemente inquinanti e impattanti sul nostro ambiente, seconda solo a quella petrolifera.
Ma diciamo subito che – ahinoi - questo è solo “un” tema, non “il” tema.
Se è vero infatti che parte degli obiettivi dell’ethical fashion è di certo una maggiore sostenibilità ambientale e rispetto per il mondo animale, l’altro macrotema al quale non ci si può sottrarre è quello sociale. Se da un lato il settore tessile offre infatti lavoro a tantissime persone, è vero anche che - a causa della pressione dovuta agli alti consumi - troppo spesso la manodopera che lavora in questo segmento vede lesi anche i più basilari diritti: da uno stipendio dignitoso, a orari sostenibili fino ad arrivare al tema sicurezza. Per non parlare dello sfruttamento di popolazioni appartenenti a paesi del terzo mondo.
Ecco perché parliamo di impatto globale della moda, non solo di impatto ecologico.
Quali sono dunque gli obiettivi generali di questo nuovo atteggiamento più responsabile del fashion? Essenzialmente tre: sociale, di recupero e biologico, e possono coesistere e sovrapporsi all’interno di un unico progetto, oppure no. L’impegno sarà pertanto sfaccettato e mirato a una produzione più trasparente, senza speculazioni e nel rispetto dei diritti e della dignità di tutte le persone coinvolte in questo complicato ingranaggio, oltre che del mondo che ci circonda.
Ed ecco dunque i piani su cui si muove la moda etica: si impegna a garantire zero sfruttamento e pieno rispetto della manodopera impiegata (laddove la produzione viene delocalizzata in paesi del terzo mondo l’obiettivo è di solito quello di promuoverne lo sviluppo dal punto di vista sociale ed economico) e genera alternative ecosostenibili attraverso il riciclo di materiali, la promozione e la valorizzazione di prodotti slow-fashion (ovvero i frutti di attività artigianale e tradizionale destinati a durare nel tempo) e lo sviluppo di materie prime alternative che consentano un maggiore rispetto del mondo animale e dell’ambiente in generale.
Esempi virtuosi di moda
Oggi come oggi i progetti etici e responsabili, per fortuna, sono tanti e si impegnano in sfide che coinvolgono le diverse sfaccettature dell’impatto globale della moda. I nomi, piccoli e grandi, che decidono di lavorare sulla via di una moda più rispettosa e attenta sono davvero molti e crescono di giorno in giorno, tanto da poterne citare solo alcuni esempi virtuosi.
Tra le capofila del fashion ecosostenibile più note troviamo la stilista Stella McCartney, da anni dedita alla ricerca e allo sviluppo di materiali alternativi, meno impattanti a livello ambientale e rispettosi del mondo animale, come le scarpe con plateau biodegradabile o la pelle vegana e vegetale (a base di funghi).
Per quello che riguarda invece il tema legato all’etica sociale e del lavoro spicca un altro grande nome, questa volta del Made in Italy: Brunello Cucinelli, promotore di una formula di impresa che mette al centro e valorizza le persone.
Altri esempi? Ricordiamo tra gli altri Antik Batik – brand francese fondato nei primi anni ’90 dall’italiana Gabriella Cortese – da sempre attento a supportare e valorizzare l’importanza e l’unicità del lavoro manuale e artigianale nel mondo. Oppure Lanificio Colombo, un esempio di filiera “bio” che da tempo si impegna non solo sul fronte ecologico, ma anche a garantire una produzione sostenibile nella quale il viaggio della fibra, dall’allevatore al prodotto finito, è sempre tracciabile e controllato per garantire il rispetto di tutte le parti in causa.
Partiamo da noi
Partiamo da un presupposto: dal produttore al consumatore, siamo tutti parte di un unico ingranaggio. Ergo, nel nostro piccolo, anche noi possiamo fare la nostra parte in questa battaglia etica, il cui scopo è una moda meno dannosa per il nostro Pianeta e per la nostra società.
Come? “Comprare meno e meglio” dovrebbe diventare il nostro mantra in materia di shopping.
Il nuovo atteggiamento responsabile dovrebbe dunque imporci innanzitutto un’attenta selezione di pezzi di qualità e durevoli nel tempo, evitando così di generare nel giro di pochi mesi scarti destinati a divenire gli ennesimi rifiuti non smaltibili e altamente inquinanti. E possibilmente con una certa attenzione ai luoghi e alle modalità di produzione dei capi che infiliamo nel nostro armadio.
Occhio alle etichette dunque, sia per quanto riguarda la qualità dei materiali che per quanto concerne la provenienza dei capi e la filosofia dei brand che scegli.
Fai ricerca di marchi che lavorino con responsabilità e coscienza, informati sulla loro trasparenza in materia di produzione e punta su slow-fashion, piccoli artigiani e second-hand.
Ma soprattutto: ogni volta che stai per acquistare chiediti se ne hai davvero bisogno. Il Pianeta ringrazierà anche te!