Fashion culture

Valentino e la moda: una grande storia d’amore

Valentino stilista
13-03-2022
Dagli esordi all'apice del successo, una parabola scandita da un talento indiscusso, ma anche una passione indistruttibile. E da un sogno: creare abiti femminili, omaggiando la bellezza.

L’unica risposta possibile è l’amore, ha detto Pierpaolo Piccioli dando il via alla sfilata di Valentino per la Fashion week parigina. Il direttore creativo della maison ha così aggiunto un ulteriore, importante tassello nella storia del brand stesso, ma per certi versi anche della moda. Perché quel rosa che domina la collezione, quella nuova tonalità ribattezzata PP Pink (sì, sono le sue iniziali, e presto verrà definito un nuovo colore Pantone), vuole essere una sorta di messaggio. Riguardante la guerra in Ucraina, certo, ma non solo. È un inno universale alla solidarietà, alla parità di genere, alla tolleranza. All’ottimismo, alla libertà. Ed è anche una sorta di sfida: il colore in questione non sostituisce certo il mitico Rosso Valentino, da sempre emblema di Valentino stilista, però gli si affianca.

Portando in campo la stessa potenza ipnotica ed espressiva. La stessa carica passionale. Che poi il percorso di Valentino in fondo è questo: una grande storia d’amore e passione. Che vogliamo ripercorrere. Qui, adesso. L’imperativo rosa sortisce già i suoi effetti!

Gli albori

La storia di Valentino Garavani e quella di Valentino stilista, dal punto di vista temporale, sono sostanzialmente sovrapponibili. Perché quel ragazzino nato a Voghera – anno 1932 - mette presto a fuoco la sua passione per la moda nonché i suoi desideri per il futuro.

Frequenta un corso di stilista presso l’Istituto di figurinismo di moda Santa Marta di Milano, poi neanche diciottenne approda a Parigi e, grazie all’aiuto dei genitori, si iscrive alla Chambre syndacal de la Haute Couture parisienne. La stoffa c’è e si vede subito. Il giovane Valentino lavora come apprendista prima per Jean Dessès e poi per Guy Laroche, ma scalpita. Sente le ali già forti. Così, nel 1959, torna in Italia. Pronto a osare.

Valentino stilista

La prima boutique e l’incontro decisivo

Valentino stilista, un talento grande e presto consapevole. Sempre con il supporto, sia morale che economico, della sua famiglia, il giovane creativo apre la sua prima boutique a Roma. In via Condotti, per l’esattezza: la location, non lo si può negare, è di grande aiuto.

Il nome di Valentino comincia a circolare, però le difficoltà non mancano. Anche perché lui è un creativo, non un businessman. Gestire tutto è un’impresa a dir poco complessa. L’anno successivo, quindi nel 1960, conosce l’allora studente di Architettura Giancarlo Giammetti, con cui scatta subito una formidabile intesa. Un sodalizio che durerà più di mezzo secolo.

Nasce la maison Valentino: lo stilista può finalmente dedicarsi in toto alle sue creazioni, Giancarlo cura gli affari e le questioni economiche. Come a dire il cuore e la mente, insomma, perfettamente fusi e sintonizzati. Per 12 anni sono anche compagni di vita, poi la relazione finisce ma non il profondo affetto e neppure il sodalizio professionale.

Nasce la stella

Nel 1962, a Palazzo Pitti, viene presentata la prima linea di moda couture di Valentino stilista.  È un successo, è la miccia che accende la stella: “Passammo – ha raccontato Giammetti – tutta la notte a scrivere gli ordini”. La boutique di via Condotti diventa la tappa obbligata di celebrità, dei clienti più esigenti, di chi pretende il massimo in termini di classe, lusso, raffinatezza.

Nel 1969 viene inaugurato il primo negozio di prêt-à-porter a Milano, poi arrivano le aperture a Ginevra, Losanna, New York: un moltiplicarsi continuo. La moda di Valentino valica presto i confini italiani, ma allo stesso tempo diventa uno dei più prestigiosi simboli del Made in Italy. Anche gli americani se ne innamorano (e lo ribattezzano The Chic), anche le componenti delle famiglie reali e nobili di tutto il mondo, tra cui la Principessa Margareth d’Inghilterra, la Regina belga Paola, Lady Diana, l’imperatrice di Persia Farah Diba.

Eugenia Sheppard, nota giornalista statunitense, ha definito Valentino “la Rolls Royce della moda”, e proprio all’inizio della sua ascesa ha scritto di lui: “La grande notizia è che fa concorrenza a Parigi. Il suo stile ha le stesse qualità dei grandi come Dior, Jacques Fath e Balenciaga. È impalpabile, come la bellezza o il sex appeal, ma fa venire a tutte le donne la voglia di comprare”. 

Valentino stilista

Il Rosso Valentino

La storia di Valentino stilista è costellata di successi, da un’estetica definita e senza eguali ma anche da intuizioni vincenti. La più importante? Non ci sono dubbi: il Rosso Valentino. Inconfondibile, acceso, magnetico. Di una raffinatezza prepotente.

Si racconta che, ai tempi in cui era ancora uno studente, durante una rappresentazione lirica all’Opera di Barcellona Valentino fissò lo sguardo su un abito di velluto rosso indossato da una signora piuttosto anziana, senza riuscire più a staccarlo. Dopo di che, analizzò quel colore e cominciò una serie di sperimentazioni finalizzate a trovarne la calibratura perfetta. Non sappiamo dove e se la realtà s’incroci con la leggenda, ma di certo il Rosso Valentino è sempre stato il simbolo del marchio. Fino ad oggi. Vedremo cosa accadrà dopo l’entrata in scena del PP Pink.  

Il bianco e il nero

Per Valentino il “suo” rosso è il re dei colori, l’apoteosi della bellezza, la perfetta espressione della sua idea di moda e della passione che ha sempre nutrito. Solo due tonalità hanno lo stesso valore: il bianco e il nero. I non colori.

Che a loro volta ne hanno scandito spesso il flusso creativo, sia nella versione monocromo che nell’intramontabile mix. La prima collezione total white firmata Valentino risale al 1968, e uno di quei capi è stato poi (audacemente) indossato da Jackie Onassis per le seconde nozze Aristotele Onassis.

100% nero, invece, è l’abito indossato nel 1994 da Claudia Schiffer per il fashion show Donna sotto le Stelle, ovvero mentre percorreva la scalinata di Trinità dei Monti a Roma; l’ha messo soltanto lei, e soltanto quella volta, dopo di che è rimasto a lungo esposto nella boutique di Via Condotti per poi approdare all’asta – nel 2017 – con una quotazione compresa tra i 40.000 e 50.000 euro.

Nero e bianco è l’abito creato da Valentino nel 2005, per la sua ultima collezione Haute Couture, e indossato invece da Naomi Campbell: secondo molti, una delle sue opere meglio riuscite in assoluto. Ma questi sono solo esempi, potremmo andare parecchio avanti. Il bianco e il nero, Valentino docet, non si discutono. E sono indispensabili.

L'abito della pace

Nell’estate del 1991, durante la Prima Guerra del Golfo, Valentino ha disegnato un abito destinato a diventare subito un’icona. Lungo, candido, arricchito da ricami molto particolari: la parola “pace” in quattordici lingue diverse.

Nel 2018 lo stilista ha ricevuto dal Parlamento Europeo, proprio per quella sua creazione, il primo premio come Uomo della Moda e della Pace. E pochi giorni fa, sul suo account Instagram, è apparso uno scatto che ritrae il vestito in questione. Sullo sfondo, la bandiera dell’Ucraina.

Uno stile unico

Valentino ha sedotto e conquistato il mondo intero col suo stile unico, riconoscibile, irripetibile. Uno stile mai condizionato dalle tendenze del momento né dalle logiche del marketing. Classico, ma anche senza tempo. Concretizzazione di un’eleganza costruita sul suo gusto personale, indubbiamente, ma anche su un’elevata qualità dei tessuti, sullo studio delle loro potenzialità espressive e delle combinazioni; sui tagli perfetti, sulla valorizzazione accurata della silhouette.  

Valentino si è sempre egregiamente destreggiato tra giochi di simmetrie, trasparenze, drappeggi, pizzi, fiocchi, volant. E ancora, mirabili ricami realizzati rigorosamente a mano, strategiche stratificazioni, applicazioni di perline, cristalli, strass, rouge. Lusso, perenne ricerca della bellezza e dell’unicità, capi sempre complessi, frutto di lunghe ricerche; eppure, nulla è mai risultato eccessivo o ridondante, anzi mai è venuto meno quel minimalismo interpretato nel segno della massima personalizzazione.

Svariate le fonti d’ispirazioni, dal mondo dell’arte a quello degli animali. Sempre tangibile il suo sconfinato amore per la moda e il desiderio di distinguersi, omaggiando in primis le donne.

Valentino stilista

Valentino e le donne

Già, le donne. “Ho realizzato il sogno della mia vita, creare abiti femminili”, sentiamo dire a Valentino nel documentario di Matt Tyrnauer Valentino, L’Ultimo Imperatore, uscito nel 2008. Sì, perché le donne sono per lui un grande amore, un’infinita fonte d’ispirazione. L'obiettivo principale? Esaltarne la bellezza. Farle sentire divine, regalare loro sogni.

Le donne: muse e grandi amiche. Perché con molte di loro ha costruito legami profondi, andando molto al di là del ruolo e del mestiere. Ci riferiamo alle tante modelle che hanno sfilato per lui, in primis le top degli anni Ottanta e Novanta – da Claudia Schiffer a Naomi Campbell, da Elle McPherson a Linda Evangelista – ma anche alle dive, a una lunga serie di figure femminili che come lui hanno lasciato il segno.

Un posto d’onore nel suo cuore spetta a Audrey Hepburn, Jackie Kennedy, Liz Taylor, Sophia Loren, Jane Fonda, Cate Blanchett, Sharon Stone. Un elenco lungo, lunghissimo. Parte integrante della storia di Valentino stilista, ma anche di Valentino uomo.

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Valentino e Jackie Kennedy
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Valentino e Liz Taylor
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Valentino, Sophia Loren e Giancarlo Giammetti
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Il lancio della moda vintage

La moda vintage sta vivendo il suo periodo d’oro, i capi second hand sono i nuovi oggetti dei desideri, soprattutto tra i più giovani. E uno dei primi che ha intuito le potenzialità “dell’usato”, contribuendo alla definizione di quello che può anche essere definito un fenomeno socio-culturale, è proprio Valentino. Complice Julia Roberts.

Sì, perché proprio la celebre attrice, nel 2001, per ritirare l’Oscar ha scelto di indossare un abito Valentino Haute Couture del 1992: lungo, in velluto nero, con inserti in raso bianco. Quel vestito è passato alla storia. E il vintage è diventato un’irresistibile idea… chic.

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L'addio (con riserva)

Il 4 settembre 2007 Valentino si è ufficialmente ritirato dalle scene. Lui, notoriamente amante delle feste, per il 45esimo anniversario della sua maison - quindi un paio di mesi prima - ne ha organizzata a Roma una davvero memorabile, durata tre giorni. Coincidente anche con l’inaugurazione all’Ara Paci della mostra Valentino a Roma: 45 Years of Style. E poi la cena di gala al Tempio di Venere (ricostruito per l’occasione da Dante Ferretti), i fuochi d’artificio, il ballo a Villa Borghese, la sfilata di Haute Couture al Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia. Il Colosseo illuminato di rosso.

Il fatto è, però, che Valentino non riesce a stare lontano dal mondo della moda. È la sua vita. E di conseguenza non può fare a meno di concedersi qualche… incursione. Nel 2012 ha disegnato l’abito per il matrimonio di Anne Hathaway, l’anno dopo l’abito nuziale della Principessa Madeleine di Svezia.

Nel 2016 ha creato i costumi della Traviata per l’Opera di Roma, regia di Sofia Coppola. L’Opera, un’altra sua grande passione. La matita, lui, non la poserà mai.

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I "successori"

Valentino ha ceduto il testimone ad Alessandra Facchinetti, ma l’esperienza si è conclusa presto. Alla fine del 2008 sono subentrati, come direttori creativi, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli. Una coppia che ha funzionato. Nel 2016, però, la Chiuri ha deciso di accettare la proposta di Dior; attualmente è la direttrice creativa delle collezioni donna. É rimasto Piccioli. Sempre più prolifico e ispirato. Soprattutto, sempre fedele allo stile de L’Ultimo Imperatore.  

Dal 2012 il gruppo Valentino appartiene al fondo qatarense Qatar Mayhoola for Investments dello sceicco Hamadbin Kahlifa.

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La sfilata di Parigi

E ritorniamo al punto di partenza: la sfilata in quel di Parigi, la sfilata rosa. Una volta in più, Pierpaolo Piccoli ha dimostrato di essere il perfetto erede di Valentino stilista. Anche per lui la moda è un’incessante ricerca della bellezza nonché un linguaggio potente, in grado di veicolare messaggi urgenti.

Il rosa – ha spiegato tramite un post su Instagram - è la liberazione dalla necessità di rappresentare il mondo in modo realistico. Il monocromatico è la manifestazione subconscia dei sentimenti. Questo è stato il pensiero alla base dell’intera collezione. Ho iniziato riflettendo su come, a volte, la realtà possa essere un ostacolo a un’osservazione più profonda del mondo che ci circonda. Ora più che mai, non mi piace il mondo che ci circonda, e ora più che mai amo l’integrità e la resilienza di tutti gli esseri umani che stanno lottando per rimanere umani. Grazie a tutte le persone dei miei tema che hanno reso possibile tutto questo. L’amore è la risposta, sempre”. E la storia d’amore continua.

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