Gender Fluid: un'espressione sempre più diffusa. Che identifica uno spirito comune a molti giovani, in particolare a chi appartiene alla Generazione Z ma anche ai Millennials. Due parole che, però, spesso vengono mal interpretate.
Sbaglia di grosso infatti chi crede riguardino l’orientamento sessuale. Non si tratta di essere etero, bisex, lesbica, gay; in ballo c’è invece l’identità di genere. Cambia a seconda dei momenti la percezione di sé e si supera nettamente la divisione binaria dei sessi: un giorno ci si sente donna, un altro uomo, un altro ancora bigender, agender, genderqueer e così via.
Non si ha voglia di nascondersi, si rifiuta qualsiasi stereotipo e condizionamento, rivendicando una forma elevata e al contempo intima di libertà. Ed è qui che entra in gioco anche la moda gender fluid. Ciò che indossiamo, si sa, parla di noi. Riflette l’umore, i gusti, la personalità. Ma gli indumenti possono fare ancora di più. Diventando il simbolo, appunto, di un’identità in perenne mutamento. Non è una semplice tendenza, ma lo specchio di un fenomeno sociale. Di uno stile di vita.
Un’evoluzione della moda unisex
Un altro errore abbastanza comune? Pensare che la moda gender fluid consista semplicemente in capi unisex e che si utilizzi questo termine perché più moderno. No, non sono sinonimi. La moda unisex è piuttosto la tappa precedente di uno stesso cammino, in sostanza vede protagonisti alcuni indumenti prima concepiti solo come maschili e poi “conquistati” anche dalle donne. In fondo, però, la distinzione resta. E viene invece del tutto annullata dalla moda gender free, la cui parola d’ordine è “neutralità”.
Outfit interscambiabili
Gli stessi tailleur pantalone, blazer, cappotti, cardigan, le stesse camicie possono essere indossati da chiunque: evitiamo di usare lui e lei! Tale fluidità si concretizza in primis grazie a tagli ampi, linee morbide e tonalità a loro volta neutre, anche se non mancano le eccezioni. Significativa è inoltre la gamma di taglie, più ampia del consueto: in molti casi si va, infatti, dalla XXS alla XXL, se non oltre. E poi c’è la voglia, anzi il coraggio, di alzare il tiro!
Ciò significa rivedere in un’ottica gender free anche - per esempio - le gonne, i top, i tubini, i long dresses. Una pochette, un paio di décolleté. Ma attenzione: qui non si tratta di "uomo che si veste da donna" (o viceversa), assolutamente. La moda gender fluid si rivolge a persone che vogliono indossare ciò che sentono, infischiandosene di schemi e categorizzazioni.
Sai chi è stato il pioniere?
Ebbene sì, il pioniere della moda gender fluid è stato lui: Giorgio Armani. Che ha basato tutto il suo percorso creativo sulla volontà di avvicinare i due sessi, smorzando il più possibile le differenze. E lui stesso ha respinto la definizione di unisex per la sua moda, mettendo invece l’accento sulla “rivendicazione della dolcezza per l’uomo e della forza per la donna”. La creazione rivoluzionaria, in tal senso, è stata la giacca destrutturata, messa a punto in tempi davvero non sospetti, cioè alla fine degli anni Settanta. Re Giorgio ha tolto sostegni e imbottiture, spostato i bottoni, modificato le spalline. Liberandosi così di quel rigore che riteneva troppo vincolante. “Elimino – è la sua celebre dichiarazione d’intenti - la differenza tra uomo e donna. Ho dato all’uomo la scioltezza e la morbidezza della donna e alla donna l’eleganza e il comfort dell’uomo”. Armani ha piantato un seme importante, anche se sono passati anni prima che germogliasse.
Aumentano le collezioni neutre
Nel 1984 Jean-Paul Gaultier ha presentato l’indimenticabile collezione Men in skirts, facendo indossare ai suoi modelli gonne di svariate tipologie. Ma il vero giro di boa coincide con il 2015, anno in cui Alessandro Michele ha debuttato come direttore creativo di Gucci con una collezione pensata per entrambi i generi e inaugurando così un nuovo corso per la maison. “La moda – ha dichiarato - dovrebbe essere senza genere. Il modo in cui ti vesti è il modo in cui ti senti, il modo in cui vivi, ciò che leggi, le tue scelte”. Gucci è oggi fra le griffe che maggiormente puntano sulla moda gender fluid e lo testimonia anche il progetto Mx, che è sfociato fra l'altro in un’apposita sezione del sito ufficiale; tra le proposte più apprezzate, la rivisitazione – adatta a tutti – dell’iconica borsa Jackie.
Nel 2016 è poi arrivata la prima risposta del fast fashion, con la linea Ungendered di Zara, e nel 2017 è toccato a H&M con una collezione denim ad hoc. Nel 2020 è stata la volta di Marc Jacobs e Stella McCartney, che hanno sposato la causa della moda gender fluid con grande convinzione. Negli ultimi mesi infine è stato un moltiplicarsi di brand che hanno accettato la stessa scommessa: da Yves Saint Laurent a Louis Vuitton, da Prada a Tommy Hilfiger e Jimmy Choo, da Puma a Converse, l’elenco si allunga costantemente. E quindi sì, ormai è ufficiale: la moda sceglie l’inclusività!